– Roma
Si chiamerà «Fit», il nuovo percorso triennale di «formazione iniziale e tirocinio» che farà salire in cattedra i docenti di domani delle scuole secondarie (medie e superiori – perché a infanzia e primaria l’attuale laurea, riformata nel 2008, è già titolo per accedere all’insegnamento). La novità è contenuta nel Dlgs, 22 articoli complessivi, che cambia i percorsi per diventare insegnanti, e che, salvo sorprese dell’ultima ora, approderà stamane in Cdm per l’ok definitivo, assieme agli altri sette provvedimenti attuativi della Buona Scuola (si spazia dalla riforma di esami di Stato, percorsi di istruzione professionale, sostegno, al rafforzamento del diritto allo studio, la cui dote finanziaria salirà da 10 a 30 milioni di euro).
Addio, quindi, alla cara e costosa abilitazione, così come l’abbiamo conosciuta fino a oggi, Ssis prima e Tfa poi: dopo la laurea, e con 24 Cfu acquisiti anche in forma extracurriculare in discipline antro-psicolo-pedagogiche, i futuri prof potranno partecipare subito a un concorso (tra i requisiti d’ammissione sparisce a sorpresa la conoscenza dell’inglese, si testerà – forse – all’orale). Chi lo supererà si inserirà in un percorso immediatamente teorico-pratico: il primo anno sarà finalizzato al conseguimento del diploma di specializzazione; il secondo e il terzo anno servirà per diventare docente, con una fetta consistente di “esperienza diretta” in classe. Il «Fit» è un contratto di lavoro a tutti gli effetti: sarà retribuito (il terzo anno in analogia a una supplenza annuale); potrà essere sospeso per impedimenti temporanei; fino ad arrivare alla vera e propria risoluzione nel caso di assenze prolungate e ingiustificate, mancato conseguimento del diploma di specializzazione, o se non si superano le valutazioni intermedie. Al termine del «Fit» l’insegnante passa di ruolo: firmerà un incarico triennale, e sarà assegnato all’ambito territoriale presso il quale ha prestato servizio l’ultimo anno.
Questo modello di “concorso-corso”, a cadenza biennale, tre prove, due scritti e un orale, partirà subito, già nel 2018 (resta sempre in piede il 50% di assunzioni da Gae): ma per vedere effettivamente in cattedra i nuovi giovani professori bisognerà attendere almeno il 2022, e per una quota davvero modesta (meno del 10% dei posti). Come mai? Il perché è messo nero su bianco tra le pieghe della disciplina transitoria (articolo 17 della bozza di Dlgs), che, nella versione che entrerà stamane in Cdm, ma su cui c’è frizione con il ministero dell’Economia – e non sono quindi esclusi cambiamenti dell’ultimo minuto, apre le porte a selezioni “facilitate” per stabilizzare i precari abilitati di seconda fascia e quelli addirittura non abilitati di terza fascia con 36 mesi di servizio alle spalle. In pratica, attraverso un meccanismo di percentuali decrescenti negli anni, nelle future selezioni almeno fino al 2028 si offriranno posti consistenti ai percorsi agevolati di inserimento: gli abilitati di seconda fascia (circa 60mila – età media 35 anni, in larga parte Tfa) affronteranno solo la prova orale, e poi saranno inseriti al terzo anno di “Fit”. I non abilitati con tre anni di supplenza (stimati dal Miur in meno di 20mila unità) invece faranno un solo scritto e l’orale per accedere al secondo anno di Fit. Secondo questo “calendario”, in base a primi calcoli, per arrivare a concorsi con la maggioranza di posti per i nuovi docenti “Fit” bisognerà attendere il 2030. A settembre non cambierà nulla: si immetteranno in ruolo da Gae e da concorso 2015, i cui vincitori saranno, quindi, tutti assunti.